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Autore Messaggio
MessaggioInviato: 27/11/2015, 14:03 
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Pietro

Oggetto: Mandolino e mandola sistema brevettato Secchi


Un mandolino che sarebbe più esatto definire un componente dell'insieme brevettato dal liutaio Eliseo Secchi che con la mandola e il mandolincello era stato studiato più che altro appunto per le musiche delle orchestre mandolinistiche (allora c'erano) garantendo il giusto equilibrio sonoro tra le varie parti. Erano commercializzati e presenti nel catalogo dalla rinnomata ditta Monzino di Milano però purtroppo non ho mai avuto modo di provarne uno, motivo questo che mi ha spinto alla costruzione insieme alla mandola.
Presento i componenti dell'insieme che sono da soli sufficienti per un quartetto con il mandolino primo e secondo, la mandola e il mandolincello che ricalcano la medesima formazione ad arco o l'orchestra mandolinistica con le sezioni analoghe già citate.

Allegato:
secchi 1 (1024x374).jpg [246.93 KiB]
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Da come si può vedere questo tipo di strumenti non ha la buca normale di risonanza ma delle feritoie laterali sulle fasce e il fondo è piatto.

Cordialità - Pietro


Al tema segue la discussione.

1- mystral 1320
Esprimere delle opinioni su uno strumento come il mandolino e i suoi "derivati", come ad esempio quelli da te illustrati in immagine non è evidente. Nemmeno si tratta dell'unica variante apportata a questo strumento nel corso dei tempi: la chitarra portoghese è una variante; il mandolino a doppia tavola armonica (meglio sarebbe dire a tavola segmentata) è un'altra variante ancora, i vari mandolini "storici" e relative varianti ne sono ancora delle ulteriori, come il mandolino milanese, ecc. A dir la verità, facendo un discorso nel senso più ampio, dicendo “Mandolini” o “Mandolin” ai più in tutto il mondo chiama alla memoria la classica forma a guscio del mandolino napoletano, in secondo luogo della sua diretta deformazione / semplificazione del mandolino definito impropriamente di forma portoghese. Seguendo perciò questa ipotetica classificazione, si dovrebbe affermare che il mandolino "vero e proprio" sarebbe la classica quanto canonica forma a guscio. del mandolino napoletano. Il tono ipotetico del discorso mi pare quanto mai appropriato: infatti non penso che le altre varianti siano state create in forma totalmente astrusa, ma seguendo di certo dei ragionamenti logici a monte.
Le ragioni possono essere o essere state molteplici: dal voler "risparmiare" legno, al facilitare la postura di chi lo suona, all'essere quanto più essenziali possibili, alle esigenze di un certo tipo di musica local popolare, sino alla volontà di eliminare certe deformazioni plastiche che alla tavola armonica a lungo andare non giovano per nulla... Nessuna tra queste poche ragioni citate è meno valida delle altre. Quel che è certo è che a prescindere da questi interrogativi, è uno strumento che va vieppiù scomparendo: gli strumenti di fabbrica che ancora vengono prodotti hanno più pessime qualità (in rapporto al prezzo di acquisto) che buone qualità.
D'altro canto, chi si mette a produrre a mano un mandolino da zero son sempre di meno, anche perché la mole di ore che sta dietro (almeno all'inizio) per costruirne uno napoletano, incollando doga a doga e creando una forma su cui lavorare tutt'altro che semplice, significano molte ore di lavoro; ore che oggi hanno un costo sino a 5 - 6 volte superiore rispetto a quello che era il costo di tutto il '900 o anche più anticamente. Sarebbero davvero poche le persone che oggi spenderebbero 4 - 5000 euro per un mandolino nuovo fatto a mano, quando con quella cifra se hai tempo e pazienza trovi magari un Embergher o altri autori rinomati...


2 – Pietro
In effetti ci sono diversi punti citati che sono all'origine del mandolino a fondo piatto sistema brevettato Eliseo Secchi.
Il primo è l'uso in quartetto o in orchestra mandolinistica che ho citato nell'introduzione ma un grandissimo merito di questi strumenti che il catalogo Monzino definisce con ottima voce unita ad una semplicità costruttiva che ne abbatte il prezzo. Sempre nel catalogo ci sono le tariffe dell'epoca che sono chiarificatrici: Mandolino napoletano a quattro corde doppie e cassa curva a spicchi da 20 a 45 lire. Mandolino a fondo piatto con quattro corde doppie sistema brevettato Secchi da 12 a 16 lire.
Uno strumento quindi che poteva essere alla portata di tutti.
Tra l'altro in un secondo tempo per ulteriore economia in alcuni modelli al posto delle meccaniche è stato adottato un sistema a caviglie (come nel pianoforte) girate da un'unica chiavetta in dotazione con lo strumento.
Esistono pure dei modelli spartani privi di pitture o di decorazioni sulla tavola armonica (presenti in molti modelli di questo strumento tanto da definirsi quasi una caratteristica) che ne riducono ulteriormente il prezzo.


3 – AndreaN
Devo ammettere che la famiglia dei mandolini mi affascina molto! Io personalmente, finito il mio, mi dedicherò alla ricerca e successiva realizzazione (si spera) dell'Amandourin genovese


4 – Pietro
Dunque eravamo rimasti alle immagini in anteprima
Complice questi giorni di maltempo ho portato a termine la costruzione sia del mandolino che della mandola.

Allegato:
secchi 3 (800x340).jpg [157.85 KiB]
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llustrerò in seguito quello che riguarda la parte tecnica per parlare subito delle caratteristiche musicali in quanto da questo aspetto è veramente uno strumento diverso nel bene e nel male. Il suono omogeneo lo rende sicuramente uno strumento da quartetto o da orchestra mandolinistica ma nel contempo lo priva di quei slanci sonori chiamati impropriamente "effettacci" che per tanti è una caratteristica dei musicanti da osteria di passata memoria ma che invece talvolta danno colore al brano musicale: ad esempio nel brano: "Come le rose" di G. Lama nel ritornello abbiamo l'inizio con grazia struggente,subito dopo però la musica prende slancio e se il cantante è un tenore in questo passaggio ingrana il turbo... questo il nostro mandolino non lo può fare appunto in virtù del suono omogeneo mentre ci riesce uno con la buca che è provvisto di maggior slancio espressivo.
Però al di là della musica d'insieme, che per ora non ho provato, devo dire che questo mandolino a fondo piatto e con le aperture laterali solamente nella parte alta dello strumento (quella rivolta al suonatore) è ben ricco di sfumature e nello studio rende molto bene. Stimolante è far vibrare le corde e sentire che appoggiando l'orecchio su una o l'altra delle aperture l'effetto cambia, come cambia il sentirlo da davanti e ruotarlo leggermente: la tavolozza armonica di colori che sà dare nelle vibrazioni delle corde unite a quelle delle due aperture e dalla cassa armonica in generale è una senzazione paradisiaca, altro che le rombanti amplificazioni che ci sommergono al giurno d'oggi.
Per i legnami che hanno oltre mezzo secolo trovati in una vecchia segheria dismessa e per tutto il resto ne riparleremo in seguito.


5 – salvatore catania
Molto bello ed essenziale........i complimenti che faccio sono davvero sentiti.
Se mi posso permettere una considerazione/domanda in relazione alle effe laterali:
credo che far sfogare il suono dalle fasce rappresenti un vantaggio per l'esecutore che ha una specie di monitor, si ascolta e si controlla meglio, e il suono lo avvolge come succede sulla chitarra col sond port ma, per lo spettatore che si trova d fronte allo strumento e ascolta a qualche metro di distanza (che siano dieci o più) come cambia la percezione del suono rispetto alla classica buca frontale?


6 – Pietro
Prima di tutto ringrazio per i sentiti complimenti, ancor di più graditi in quanto non avevo previsto di postarlo ma volevo solo sentire l'effetto sonoro di questa poarticolare struttura di mandolino a fondo piatto che non avevo mai avuto occasione di provare direttamente.
A questo punto una domanda potrebbe sorgere spontanea ed è se ad uno può venire il ghiribizzo di assemblare strumenti tanto insoliti quanto inusuali solo per sentire l'effetto che fà... certo che sì in quanto trattandosi di liuteria come passione e non come professione si ha tutto il tempo di levarsi anche qualche sfizio alla prima occasione, nel mio caso il ritrovamento di alcuni travetti di legname vario in una segheria dismessa e degli studi su detto specifico strumento che avevo già messo su carta qualche tempo fà.
Comunque sono cose che tu Salvatore conosci meglio di me, basta guardare i tuoi strumenti e le innovazioni che sono in essi contenuti.
Il mandolino Secchi è veramente uno strumento essenziale in quanto uno degli scopi prefissati era l'economia unita alla funzionalità ed è per questo che non sono presenti filetti o decori di nessun tipo: non ne ho trovati in nessun modello e per questo non ne ho messi neppure in questo strumento che ho appena finito, salvo il disegno che ho eseguito a china nera e rossa sulla tavola armonica che era comunque anche questa quasi una caratteristica di quasti mandolini.
Per il resto la verniciatura è a gommalacca ordinaria in scaglie su fondo di gommalacca stessa, ma trattandosi di un procedimento usato anche dagli ebanisti in presenza di decori o di disegni lo spiegherò in dettaglio.
Per il suono ho già espresso le mie impressioni come esecutore ma questa mattina, complice una pausa del maltempo che qui imperversa oramai da ottobre, ho eseguito un test all'aperto con la collaborazione di un amico anche lui musicista: a sentire lo strumento a due o tre metri di distanza il suono sembra piatto e senza proiezione al confronto con un mandolino tradizionale bombato e con la buca ma man mano che ci si allontana il modello Secchi recupera e a dodici metri di distanza (per ora non è stato possibile andare oltre) la potenza di suono era similare anche se l'impressione di una minore espressività di quest'ultimo resta.
Mi piacerebbe sentire questi strumenti in consort, ma sò che non è più possibile, vedrò però se mi sarà possibile il quartetto anche se non sarà facile in quanto mancherebbero un secondo mandolino, una mandola e un mandolincello e i relativi musicisti esecutori.
Non sò se ho reso bene i concetti, in tutti i casi sono sempre cose che si possono approfondire.


7 – salvatore catania
Interessante il discorso del recupero sulla distanza........e 12 metri è già una buona distanza. Potrebbe essere proprio il fondo piatto e le fasce basse che evidentemente mettono meglio in turbolenza la quantità di aria interna rispetto al mandolino tradizionale, ma credo ci sia anche una buona combinazione tra fondamentali e armonici, evidentemente l'equilibrio tra spessori e struttura interna è quello giusto. Un suono ricco di armonici viaggia di più e per apprezzarlo in pieno bisogna porsi ad una certa distanza.
Se mi posso permettere un'altra domanda:
prima di dare la china hai trattato in qualche modo la tavola per evitare assorbimento, macchie ecc.?
Io uso un metodo parente della vernice Sacconi.


8 – Pietro
Purtroppo non ho buone basi di fisica acustica applicata ma trattandosi di un sistema studiato e brevettato le caratteristiche sonore di questo tipo di mandolino penso non siano casuali.
Una seconda cosa da rilevare è che per la prova è stato usato un mandolino tradizionale con il guscio e con la buca che ho in casa da oltre trent'anni e che in certi periodi ha suonato veramente tanto e quest'ultimo che essendo ancora fresco di costruzione e di verniciatura deve ancora maturare. In seguito farò comunque altre prove anche con altri strumenti e con maggiori distanze: in pratica allontanandosi fin che il suono si spegne.
Per la vernice devo prima dire una parola sulle caratteristiche del legno che ho usato: si tratta di qualche travetto squadrato di circa un metro e venti di lunghezza che ho trovato in una vecchia segheria dismessa e che hanno oltre cinquant'anni, chi mi ha accompagnato ci aveva lavorato e ha detto che li ricorda sempre lì, erano per un mobiliere che non era più passato a ritirarli e non sono più stati toccati finchè la segheria ha chiuso i battenti. Ne ho prelevati uno in ciliegio, un paio in abete e un paio in pioppo, essenze queste ultime che ho usato per il mandolino. Naturalmente erano scuri e annerriti, mi era stato consigliato di sbiancarli con la lisciva (cenere bollita che un tempo si usava per il bucato) ma ho preferito lasciarli così per dare una patina di antico allo strumento.
Il sistema che ho usato per la verniciatura non è quello descritto da Sacconi di impermeabilizzare il legno con la vernice bianca, esegiure i decori con inchiostro indelebile usando un pennellino e stendendo sopra la vernice ma uno di quelli usati sia dai mobilieri che dagli ebanisti che avevo visto in passato:
1 - Carteggiare e levigare accuratamente il legno.
2 - Cospargerlo di poca pomice finissima mista a talco minerale e usando un tampone intriso di alcol a forte gradazione con una bassa percentuale di gommalacca ordinaria in scaglie (50 grammi per un litro di alcol) si strofina il tutto per turare i pori abbastanza energicamente.
3 - Se si usa l'inchiostro non si deve usare l'olio e si prosegue con due o tre di queste fasi intervallate di un paio di giorni tra una e l'altra.
4 - Si prosegue sempre a tampone solo con la soluzione leggera di gommalacca finchè si vede affiorare un leggero lucido, a questo punto i pori dovrebbero essere turati e il legno leggermente impermeabizzato.
5 - Dopo una settimana di riposo il legno tornerà leggermente opaco e allora si può eseguire con un pennellino da contorni o da scrittura il decoro scelto (con il pennino il tratto è forse più nitido ma si rischiano di fare delle incisioni in quanto l'abete è un legno dolce e quindi abbastanza tenero). L'inchiostro può essere di china già pronto o quello in polvere sciolta nell'acqua come si usava quando ancora facevo le elementari ma l'importante è che sia ad acqua perchè se sono ad alcol come certe chine ora in commercio, quando si passa con la gommalacca si scioglierà tutto.
6 - Eseguito il decoro con il pennellino si controlla dopo una settimana che non vi siano escrescenze o tratti dove l'inchiostro non ha bene aderito e si ritoccano eventali punti critici e si pareggiano con un raschiettino le eventuali escrescenze, a volte basta l'unghia.
7 - Deve passare almeno una seconda settimana prima che l'inchiostro sia ben secco e solo allora si passa una soluzione di gommalacca più densa (io uso 100 grammi di gommalacca in un litro di alcol sempre ad alta gradazione) e con un pennello morbido poco intriso passo rapidamente sopra la tavola e i decori. Se l'ambiente è secco l'alcol ad alta gradazione evapora rapidamente e non scioglie l'inchiostro che come solvente è ad acqua.
8 - Passata la prima mano non c'è più pericolo in quanto il decoro è protetto dalla vernice e una volta asciutta per bene si passa una seconda mano sempre a pennello poco intriso.
9 - Cinque o sei mani dovrebbero bastare e si passa al tampone sempre con la stessa densità di vernice avendo l'accortezza di non aver la mano troppo pesante finchè la lucidatura è completata.
10 - Non ho eseguito la brillantatura con solo l'alcol perchè lucidandolo troppo veniva meno quell'effetto di antico che il legno aveva conferito allo strumento, ma se si vuole fare è comunque possibile.
Se usato con accortezza questo metodo non presenta rischi e il decoro viene ben protetto dalla vernice e quindi è destinato a durare a lungo. Si tratta di un sistema tra l'altro ben collaudato in quanto usato dagli artigiani del settore per secoli.


9 – salvatore catania
Ottima spiegazione per eseguire i decori.........io finora ho usato la vernice Sacconi proprio perchè se la china viene beccata dal capillare succede un impiastro; mi riprometto di provare, naturalmente su un pezzo di scarto visto che non ho esperienza.


10 – Pietro
A voler essere sinceri la procedura presumibilmente usata da Stradivari descritta nel testo di Sacconi sarebbe più pertinente in liuteria.
Quello che ho descritto è invece un sistema di uso comune per falegnami, mobilieri ed ebanisti anche se talvolta non è disdegnato neppure dai liutai di professione.
In entrambi i casi il legno viene impermeabilizzato prima del disegno ma qualche infiltrazione può sempre essere in agguato e per evitarla bisogna lavorare bene con la base in modo che i pori siano ben chiusi e (a mio parere) evitare il pennino perchè potendo incidere il legno l'inchiostro può filtrare all'interno provocando l'inconveniente citato da Salvatore. Tra l'altro non è che con il pennellino da contorni o da scrittura si lavori male, anzi, basta intingere poco inchiostro e non avere fretta. Naturalmente parliamo dell'abete come essenza da decorare, con legni più duri e più densi si può usare senzaltro anche il pennino.
Solo una piccola precisazione per finire: la concentrazione di gommalacca di 100 grammi per litro di alcol a forte gradazione la uso io, in falegnameria per queste cose a pennello solitamente si fanno tre passate con gommalacca sempre più diluita. La prima mano è 250 grammi di gomma in un litro di alcol, la seconda scende a 200 grammi per litro e la terza a 150 grammi per litro. I 100 grammi di gommalacca per litro di alcol la usano per le ultime mani (sempre a pennello) date nel senso della vena del legno.
Questo sistema non è male ed è sicuramente più veloce ma ho visto che con velature più sottili e qualche mano in più il lavoro viene meglio.
Ottimo il sistema di provare prima su qualche ritaglio dello stesso legno (è stato raccomandato più volte ed in più occasioni da più utenti, sottoscritto compreso) in quanto l'imprevisto può essere sempre in agguato ed avendo già esperienza si possono evitare o limitare eventuali errori.


11 – mystral 1320
La vernice bianca di Sacconi viene usta un po' impropriamente anche in liuteria. Sacconi nel libro la cita ma citando anche le precedenti operazioni di lavatura del legno con la lisciaccia che è ricca di silice e potassio.
Si tratta di un preparazione lunga da preparare e che si conserva poco e per questo andata in disuso anche nella nicchia professionale della liuteria.
i tratta di ridurre in cenere sarmenti di vite (rami, pampini essiccati, eccetera) e di fare ribollire le ceneri in acqua finché saponifichino.
Una volta raffreddata si applica a straccio sul legno, lavandolo appunto. Operazione ripetuta un paio di volte e si passa poi all'applicazione della vernice bianca che serve più come ancorante che non come inossante vero e proprio. Infatti le particelle di silice e potassio hanno questa funzione di turapori/inossante, solo che al posto di essere costituita con del silicato di sodio o potassio chimici, tali componenti sono estratte in modo naturale e perciò probabilmente già nelle esatte proporzioni.... non ho mai provato però a disegnare a china sopra quel preparato di lavatura che ho eseguito una sola volta nella mia carriera, preferendo il più rapido e meno complicato da ottenere silicato di sodio...


12 – salvatore catania
Ciao Mystral, anche il trattamento con silicati può essere un'idea e tralatro molto pratica e veloce........il problema (e mi riferisco esclusivamente alla TA delle battenti e delle barocche) è che, a mio modo di vedere, oltre ad isolare, chiudere il poro ecc. ha una funzione inossante che specialmente per le tavole delle barocche è troppo......praticamente il silicato di potassio, una volta asciutto, forma una patina vetrosa che imprigiona le fibre e la tavola perde gran parte del movimento; dati gli spessori esigui di queste tavole verrebbe fuori uno strumento ululante, con poco corpo sonoro e strani armonici, mentre a questi strumenti si richiede di "cantare".
Sempre tra gli esperimenti che mi ripropongo di fare in futuro (tempo permettendo) ci sarebbe quello di dare il silicato a straccio e una volta asciutto carteggiare lasciando solo la quantità sufficiente ad evitare che i capillari "bevano" la china. Secondo te è fattibile?
Pietro: io non uso il pennellino da contorno ma il graphos 0,5 o la punta secca appena imbevuta nella china all'acqua. Naturalmente devo stare leggero per non graffiare l'abete e per portare a termine il lavoro occorrono una infinità di mani e tanta, tanta pazienza ma tant'è........se tutto fila liscio ne vale la pena davvero.
Purtroppo (mi dispiace di inquinare il tuo post e ti chiedo scusa) il mio cruccio è quello di non avere sufficiente precisione per queste cose; come per fare i rosoni in pergamena... ho provato ma venivano fuori robe mediocri che rendevano brutto tutto lo strumento; per cui li compro da una liutaia che ha le mani d'oro per queste cose.


13 – Pietro
In effetti il silicato và meglio per gli strumenti ad arco, per le chitarre barocche, liuti ecc. la tavola non andrebbe addirittura verniciata.
Non conosco il graphos 0,5 ma la punta secca ho provato ad usarla ma con legni come l'abete ci vuole veramente una mano da fata, la mia è piuttosto pesantina. Penso di conoscere la liutaia che fà i rosoni in pergamena, ho visto anche recentemente qualche suo lavoro a Parma in una mostra di liuteria "antica" ed è veramente brava.
Penso però che per quelli delle battenti che sono molto meno elaborati potrebbero andare bene anche i tuoi.


14 – salvatore catania
Magari fosse come dici, con le battenti non è così semplice.Dalle mie parti i musicisti di musica popolare vogliono battenti con dieci tasti e che suonino da battenti........altrimenti storcono il naso. La variante tollerata o richiesta è nel numero di doghe e nel tipo di legno per fondo e fasce; spesso richiedono particolari altezze delle fasce per avere effetti sonori diversi; verso questo strumento che rappresenta la tradizione musicale della mia terra c'è grandissimo rispetto e da un po di tempo anche un risveglio di interesse non solo tra gli addetti ai lavori; finalmente c'è una rivalorizzazione delle nostre tarante, stornelli ecc. ad opera di gruppi folk armati dell' immancabile battente, citola, lyra e tamburello. A un'ora di macchina da casa mia (Bisignano) la discendente della grande dinastia dei De Bonis costruisce battenti semplicemente spettacolari: ovvio che qualunque confronto con quello che faccio io mi sembra blasfemo.


15 – Pietro
Inutile dire che pure io ho il massimo rispetto per la chitarra battente e se capita l'occasione ne parlo sempre più che volentieri in quanto si tratta di uno strumento della nostra tradizione più genuina. Ho colto da tempo il risveglio di queste tradizioni (era ora, magari fosse la volta anche del mandolino che al conservatorio di Padova, unica cattedra in Italia, stà letteralmente agonizzando pur con un ottima insegnante come Dorina Frati) ma per la chitarra battente a dire il vero non ho mai visto stati di coma profondo paragonabili a quelli di altri strumenti e di altre forme musicali.


16 – salvatore catania
Mi spiace che il mandolino agonizzi in questo modo o sia relegato ad accompagnare le melodie popolari, in genere di origine napoletana........se penso che in passato questo strumento è stato nobilitato dall'interesse di grandi compositori, Vivaldi stesso scrisse bellissime musiche per mandolino e orchestra, ma forse (purtroppo) è il solito discorso dei tagli alla cultura che penalizza gli strumenti considerati meno nobili o meno diffusi.


17 - Pietro
Condivido... che altro si può dire dell'abbandono di uno strumento classico e allo stesso tempo popolare come il mandolino.
Riprendiamo con i dati del mandolino sistema brevettato Secchi.
I materiali usati sono già stati menzionati ma li ripeto: abete per la tavola armonica, pioppo per le fasce e per il fondo, tiglio per il manico e noce per la tastiera.
La tavola e il fondo sono 2,5 mm di spessore mentre le fasce 2 mm.
La tavola armonica è sostenuta da quattro catene ben ancorate nelle controfasce: una appena sopra alla zona della buca (mancante in questo modello) e una appena sotto; una terza 15 mm dopo il ponticello e l'ultima a metà tra la seconda e la quarta.
Per il fondo sono solo due equamente suddivise.
Sono in abete 8 mm di spessore e alte 15 mm. Inutile dire che il bordo è arrotondato e che all'estremità sono rastremate.
Le feritoie laterali sono posizionate una in direzione della posizione della buca e l'altra in direzione del ponticello da come si vede nelle immagini precedenti. La finitura è in gommalacca e il disegno in china come già dettagliatamente illustrato.

Allegato:
secchi 2 (800x427).jpg [249.88 KiB]
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In questa ultima immagine vediamo il mandolino Secchi di mia recente costruzione confrontato con un mandolino di analoga concezione ma senza decori sulla tavola armonica e con un terzo con la scritta dell'autore sotto alla tastiera, se ne deduce che il costruttore sia lo stesso autore Eliseo Secchi.
Da considerare anche il fatto che questi strumenti sono presenti in altri paesi: Stati uniti (l'immagine del secondo mandolino Secchi senza decorazioni proviene dalla copertina di un disco stampato in America) , Francia, Germania, Spagna ecc. segno questo che nonostante la breve vita sono stati apprezzati e hanno avuto una buona diffusione.
Per chiudere vorrei però tornare sulla facilità costruttiva che, unita al suono veramente accattivante ne fà uno strumento stuzzicante e alla portata veramente di tutti, anche di chi ha una limitata esperienza con il legno. Può essere un ottimo trampolino di lancio per arrivare a strumenti più complessi.


18 – AndreaN
Tutto di estremo interesse, però ho visto poco riguardo alla mandola.


19 – Pietro
Oggi è il 28 luglio e fa veramente molto caldo.
Non mi dilungo quindi in tante parole per la mandola sistema Secchi che avevo menzionato con il mandolino in quanto di analoga costruzione.
La mandola è la sorella maggiore del mandolino e le proporzioni sono di conseguenza.
Il diapason è solamente di 420 mm in quanto se maggiorato mi sarebbe venuto uno strumento grande. e non volevo uno strumento troppo ingombrante.
I legnami sono gli stessi recuperati nella vecchia segheria dismessa che ho usato anche per il mandolino ma ho voluto cambiare la gommalacca e ho usato la rosso rubino senza la lucidatura finale per via dai decori in china che in questo caso, stimolato dalle parole di Salvatore Catania, ho eseguito con il pennino anche se ci è voluta tutta la mia accortezza per non calcare la mano. Ne è venuto un lavoro a dire il vero meno marcato ma più raffinato.
Per il suono le mandole sono più omogenee dei mandolini come timbro sonoro siano esse piatte o a fondo bombato, questa costruita con le aperture laterali lo è ancor di più in virtù del particolare tipo di costruzione: se aggiungiamo che ho montato le corde Calace studiate dalla ditta Dogal in collaborazione con Ugo Orlandi all'epoca docente di mandolino al conservatorio di Padova, il suono è veramente paradisiaco. Non per niente le usano ancora al conservatorio patavino che è come sappiamo l'unica cattedra di mandolino ancora esistente in Italia e nonostante l'insegnante sia ora la brava Dorina Frati non c'è segno di ripresa per il nostro strumento.
Una nota in più sulle mandole Secchi è sempre il fatto che oltre alla funzionalità dello strumento dovuta alla sua costruzione semplice ma efficace si univa un abbattimento di prezzo ( 13 lire contro le 23 lire di una a fondo convesso secondo il catalogo della ditta Monzino che le commercializzava) che le rendeva veramente quasi alla portata di tutti.
Nonostante questo al presente non c'è più traccia di questo tipo di strumenti e per questo ho provato a ricostruirli in base al poco materiale che ho potuto reperire qua e là.
Sinceramente devo però dire che ne è valsa la pena.


20 – salvatore catania
Ne è valsa la pena sì.........bravissimo. Ne vale sempre la pena fosse solo per quell'attimo di intima emozione coincidente con la prima incordatura.


21 – Maxlucca
Complimenti Pietro per questo lavoro che continua la tua opera di divulgazione di strumenti che in un passato non lontano sono stati molto popolari e che adesso sono quasi abbandonati.
Secondo me è molto interessante l'eliminazione del foro armonico sulla tavola sostituito dalle aperture sulle fasce. E' una soluzione che ha trovato applicazione talvolta anche sulla chitarra ed a me, che sono un "chitarraro" dilettante la cosa mi intriga assai. Secondo te in termini di suono e proiezione cosa cambia da una tavola con foro armonico ad una intera?


22 – Pietro
Oggi è il 29 luglio e fa decisamente meno caldo
Cosa cambia come suono e proiezione... per le chitarre non saprei in quanto non ne ho mai provata una con le aperture laterali ma per questo tipo di mandolini e di mandole le caratteristiche sonore sono le stesse e le ho già illustrate sopra per quanto riguarda il solo mandolino.
Tenendo presente che questi strumenti sono stati creati per consort e quindi privi di quei slanci sonori che per molti sono effettacci da osteria ma se ben dosati danno una maggiore espressività ai brani eseguiti, il modello Secchi dal suono più omogeneo si fonde meglio nella musica da insieme.
Vedremo se anche stavolta riuscirò a compilare un tutorial con quote dati e procedimenti costruttivi sia sul mandolino che sulla mandola sistema brevettato Secchi.
Nel frattempo mi sto attivando per un file musicale dove vedrò di far sentire la voce di questi strumenti in qualche brano in duo (mandolino e mandola) o in trio (mandolino, mandola e chitarra). oltre naturalmente non posso andare in quanto le orchestre mandolinistiche con questi strumenti sono un retaggio di un passato che sembra oramai remoto e per me assemblare tutti gli strumenti per un consort è veramente impresa ardua..

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Naturalmente ulteriori opinioni o integrazioni sono sempre gradite.

Cordialità – Pietro -


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